Per il vero cambiamento – Gianni Cuperlo

Un grande bagno di democrazia. Non c’è dubbio che di questo si è trattato. Che siano tre milioni o più cambia poco: nel momento di maggiore distacco tra il Paese, la politica e i partiti, un popolo – quello del centrosinistra più qualche oriundo – ha riscoperto l’orgoglio di sé. Non è poco. Anzi, direi che basterebbe questo a giustificare la gioia di Bersani, essendo lui ad aver voluto la scommessa più di ogni altro.

Adesso ci attende un ballottaggio dove bisogna riportate le persone a votare, e sarà bene non sottovalutare l’impegno. Il Segretario parte avanti e ha i migliori argomenti per vincere. Detto ciò, l’evento che abbiamo vissuto è un fatto straordinario anche per altre ragioni. Tra queste c’è il consenso raccolto da Renzi. Il sindaco ha condotto una battaglia ambiziosa ed è vero che la gran parte dei gruppi dirigenti, locali e nazionali, sino ai gruppi parlamentari, non lo appoggiavano. Anche per questo continuare a dire che si è votato per scegliere il candidato premier e che ogni altra implicazione va rinviata al congresso del Pd, a questo punto, somiglia a un riflesso burocratico. Certo che il congresso discuterà, voterà, deciderà, ma piaccia o meno, esito e modi dell’ingresso sulla scena di Renzi ci mettono davanti a una prima rottura del patto su cui si è fondato il Pd, e sarebbe sbagliato sottovalutarlo.

Per quel che vale, considero l’impianto strategico (contenuti, linguaggio, format) del sindaco di Firenze un cedimento culturale all’antico. Le sue proposte hanno, per lo più, il profilo dell’innovazione che ha segnato il campo progressista degli anni ’90. Le sue ricette in materia economica e sociale, il tratto delle nostre vecchie convinzioni, con tutti i loro limiti. Ed è per questi motivi concretissimi che mi auguro domenica prossima arrivi secondo, se possibile con distacco. Ma questo giudizio non può rimuovere la funzione di calamita da lui esercitata su un elettorato mosso da un giudizio severo verso un’intera classe dirigente del centrosinistra. Bendarsi gli occhi, o addebitare eventuali ritardi ai soli ambiti territoriali – dal partito alle amministrazioni – mi parrebbe una fuga dal reale prima che uno scarico di pesi. Su come e perché si sia giunti a questo sarà bene discutere. Però una cosa, forse, si può anticipare ed è questa. Rinnovamento e cambiamento saranno anche concetti fratelli, ma campano in parallelo e non sempre l’uno ingloba l’altro.

Tradotto, la mia impressione è che noi abbiamo rinnovato molto (penso alla campagna sull’età anagrafica come certificato di svolta), ma cambiato meno, e per cambiamento intendo le coerenze e il ruolo del nuovo partito, a partire dal suo correntismo esasperato. A dirla tutta, Renzi ha un seguito nel corpo del centrosinistra per almeno due ordini di motivi. Uno legato all’impatto del ventennio alle nostre spalle. E qui non c’entra l’abilità comunicativa, ma la ‘confezione’ dell’offerta politica, dove sono confluiti codici e strumenti della mediaticità che la destra ha incubato per anni sotto egida e regia del suo ‘proprietario’. Una parte di quella cultura si è accasata tra noi. Per altro, passando dal portone principale – le primarie –, dunque neppure dissimulandosi, e salutata anzi come ventata di novità. L’altro motivo è nel ritardo a cogliere la profondità del bisogno di cambiamento che saliva dalla nostra parte. Abbiamo pensato che per corrispondere a quella spinta bastasse ‘rinnovare’. Non era così.

Quel cambiamento implicava d’investire sulla generazione entrante (il rinnovamento) ma, in parallelo, su idee, comportamenti, contenuti (il cambiamento). L’aver agito in prevalenza su una sola delle leve ha finito col dare spazio al modello aggressivo della rottamazione. Bersani ha il merito indiscutibile di avere compreso, prima e meglio di altri, che la politica e il Pd dovevano compiere un atto di coraggio se volevano ricostruire un rapporto di fiducia col loro popolo. Ripeto, è un vantaggio oggettivo che, credo, lo spingerà al successo prima di tutto per la qualità del consenso raccolto, a partire dal risultato positivo delle grandi città. Ma penso, anche, sia nel suo e nostro interesse ricomporre i due percorsi, del rinnovamento e del cambiamento. Ha forza e intelligenza per riuscirci.

Il punto è rivolgersi al centrosinistra tutto intero, compresi gli elettorati di Vendola e di Renzi, e farsi garante di una stagione nuova: nel governo del Paese, nella funzione del Pd come soggetto federatore, nella visione della società e dei conflitti durissimi aperti su scala europea e globale. In questo senso il superamento di quel tanto d’irricevibile incuneatosi tra noi si compirà solo sull’onda di una svolta netta in grado di ricollocare un riformismo radicale nella storia del Paese. Le urne di domenica ci parlano di questo. Della necessità di completare la costruzione del Pd, ripensandone la funzione nei tornanti della crisi e affiancando alla sfida per il governo quella per una nuova stagione della democrazia. Mai come adesso la differenza è qui. E mai come oggi dall’esito di questa partita dipendono i destini della politica e della sinistra.

Gianni Cuperlo è Deputato e Presidente del Centro studi del PD

Primarie

E ‘ possibile registrarsi per votare alle primarie del centrosinistra anche domenica 25, tuttavia per evitare lunghe code si invitano quanti volessero partecipare a registrarsi presso i punti già dislocati in città:

sopra 2 milioni

CIRCOLO SEL BARCELLONA POZZO DI GOTTO 5 – CIRCOLO SEL
VIA UMBERTO PRIMO 277, BARCELLONA POZZO DI GOTTO Dal 12-11-2012 al 25-11-2012 dalle ore 17:00 alle 20:00 LUNEDI A DOMENICA
CIRCOLO PD BARCELLONA POZZO DI GOTTO 4 – CIRCOLO PD
VIA GARIBALDI  , BARCELLONA POZZO DI GOTTO Dal 12-11-2012 al 25-11-2012 dalle ore 17:00 alle 20:00 LUNEDI A VENERDI
CIRCOLO BARCELLONA POZZO DI GOTTO 2 – BARCELLONA 3
VIA UMBERTO 43, BARCELLONA POZZO DI GOTTO Dal 12-11-2012 al 25-11-2012 dalle ore 18:00 alle 20:00 LUNEDI A VENERDI
BARCELLONA POZZO DI GOTTO 6 – CIRCOLO PD
VIA GARIBALDI 492, BARCELLONA POZZO DI GOTTO Dal 12-11-2012 al 25-11-2012 dalle ore 17:00 alle 20:00 LUNEDI A SABATO
BARCELLONA POZZO DI GOTTO 3 – PSI
VIA SAN GIOVANNI , BARCELLONA POZZO DI GOTTO Dal 12-11-2012 al 25-11-2012 dalle ore 09:00 alle 13:00 LUNEDI A VENERDI Dal 12-11-2012 al 25-11-2012 dalle ore 16:00 alle 18:00 LUNEDI A VENERDI
BARCELLONA POZZO DI GOTTO 1 – ASSOCIAZIONE
VIA ROMA 272, BARCELLONA POZZO DI GOTTO Dal 12-11-2012 al 25-11-2012 dalle ore 09:00 alle 13:00 LUNEDI A VENERDI Dal 12-11-2012 al 25-11-2012 dalle ore 16:00 alle 18:00 LUNEDI A VENERDI

A proposito della Conferenza Stampa della Sindaca

Ero presente, ma ai margini, alla conferenza stampa della Sindaca Maria Teresa Collica, soprattutto per scelta, perché non volevo aggrapparmi a qualche frase estemporanea magari anche frutto di una riflessione sofferta e così non cedere anche a quella “fossa dei leoni” che i fans interessati vorrebbero vedere.

Sono tanti quelli che pensano che non ci possa essere un futuro senza i Nania, erano tanti anche quelli che pensavano così di Santalco.

Ma il futuro, la qualità del futuro è una possibilità.

Ero presente perché si è sollevato un polverone su un tema non all’ordine del giorno: dal circolo del PD che presiedo abbiamo criticato l’Amministrazione sul ritardo relativo al ricorso sul Patto di stabilità così come in Consiglio Comunale in sede di approvazione di bilancio i consiglieri comunali hanno criticato la metodologia con cui quelle 200 pagine di numeri, numeri implacabili per le tasche dei cittadini, sono giunte nella mani dei consiglieri non consentendogli di svolgere la legittima funzione democratica di controllo e proposta.

Ma di colpo si è scatenata una rincorsa giornalistica sul rimpasto amministrativo, mi è stato chiesto se esiste un comunicato ufficiale in tal senso e rispondo serenamente che non esiste.

Ma i fans ed il linguaggio veloce di internet ha trasformato la libera attività di un partito in una favola, tanto da costringere a chiarimenti.

La Sindaca ha fatto la sua parte: una conferenza stampa.

“Nella sua nota opera teatrale dal titolo Marat_Sade, Peter Weiss mette in bocca al marchese de Sade un commento ironico sulla delusione post-rivoluzionaria ….Dice il divino marchese che prima della scossa rivoluzionaria i suoi entusiasti sostenitori si aspettavano da essa la soluzione a tutti i problemi più urgenti, ma anche più personali: il poeta senza vocazione credeva che dopo la rivoluzione avrebbe scritto rime sublimi, il pescatore sfortunato confidava di sostituire con triglie gagliarde le scarpe sfondate che normalmente rimanevano impigliate nella sua rete e il marito terrorizzato dalla mancanza di attrattive della moglie sognava di vederla trasformata in Cindy Crawford….Com’è naturale, il processo rivoluzionario provocò dei cambiamenti, ma non esattamente quelli, e per questo nacque la « delusione » nei confronti del suddetto capovolgimento storico”  ( F. Savater ).

Prendendo spunto da questo passo provo a dire come la penso e cosa vorrei che il PD dicesse.

E per tranquillizzare quanti vedono nel PD il male assoluto dico subito , così come ho detto a Maria Teresa Collica che il sostegno alla sua Sindacatura ( eravamo al ballottaggio) era ( e rimane ) incondizionato.

Mi si dirà perché? Perché se il PD è portatore di consenso verso un sindaco non può legittimamente chiedere di essere rappresentato in tutte le manifestazioni successive a partire dalla Giunta? D’altronte la Giunta della Collica non segue un ordine strettamente lottizzato? Non è presente forse il PRC, Sel, Idv, Città aperta?

Rispondo perché il PD deve anche svolgere una funzione pedagogica verso coloro che impregnati di populismo vedono nei partiti solo il male.

Rispondo perché il PD deve accettare la sfida del futuro e noi dobbiamo fare del nostro meglio per renderlo migliore di quanto sia il presente.

Rispondo che sappiamo bene che nessuno di noi è “partitocratico” nel senso che l’avere una tessera in tasca non ha significato e non significa avere avuto attraverso il partito o l’associazione o i clubs esclusivi dei vantaggi personali: magari queste cose le leggiamo sui giornali, magari di queste cose si sono macchiati altri.

Rispondo che ho la coscienza integra, certo avrò fatto errori, probabilmente tanti, ma ho la coscienza integra.

Rispondo che nei tempi più bui di questa città noi c’eravamo ed in grosse difficoltà abbiamo tenuto alta la bandiera della legalità e della buona politica oltre naturalmente i valori inderogabili della sinistra.

Nel compimento del proprio ruolo il PD credo debba seguire questa filosofia, nonostante tutto.

La politica il PD la deve pensare responsabilmente credendo che esiste un limite nel campo del realizzabile.

La politica il PD la deve pensare dal proprio angolo di visione puntando il faro sui temi ed i valori della propria natura.

La politica il PD la deve sempre concepire come strumento per raggiungere il modello di città che pensa.

La sfida positiva che il PD è chiamato ad accettare non è entrare-non entrare in Giunta, nello staff ecc…

La sfida positiva che il PD è chiamato ad accettare è quella della progettualità, della proposta perché dietro la convinzione che la rivoluzione è la panacea di tutti i mali sta in agguato la delusione e quanti stanno lì pronti a dire “l’avevo detto”.

Responsabilmente vorrei che il PD si mettesse sulle spalle il futuro della città.

E dovremmo farlo nell’accezione di nuovo che viene dai fans della Collica senza sedie e posti al sole.

La progettualità ed il confronto daranno il vero senso al termine “nuovo” tenendo fede ai valori della sinistra.

Pippo Biondo

La nostra agorà – Gianni Cuperlo

“State attenti: la nave è in mano ormai al cuoco di bordo e le parole che trasmette il megafono del comandante non riguardano più la rotta ma che cosa si mangerà domani”. Queste parole, scritte più di un secolo e mezzo fa da Soren Kierkegaard, mi pare dicano piuttosto bene il grande pericolo, non ancora scampato, corso dalla politica (non solo italiana) negli ultimi vent’anni. Alcuni, prendendo a prestito il vocabolario della finanza, parlano di shortermismo per significare l’accorciarsi temporale e spaziale delle scelte, l’incapacità di pensare in termini di medio-lungo periodo, la ristrettezza degli orizzonti, il prosciugarsi del pensiero che hanno caratterizzato la lunga stagione dell’egemonia economico-finanziaria.

Siamo chiari: “che cosa si mangerà domani” è tema non secondario e non trascurabile, tanto più nel pieno di una crisi senza precedenti, che ha già dissestato la vita di milioni di persone e, insieme, le forme della democrazia. Che è riuscita a scardinare sovranità, equilibri e ordinamenti di una realtà storica come l’Europa, e più in generale dell’Occidente.

Ed è precisamente perché cogliamo la profondità di questa crisi, ben oltre e al di là di come, ancora oggi, in tanti ce la raccontano, che decidiamo di partire da qui.

Dal fatto che, una volta smarrita la rotta, presto o tardi, non ci sarà più niente da mangiare (e non solo in senso metaforico).
Siamo di fronte a quella che un tempo avremmo chiamato una “transizione di egemonia”, una fase delicata (come sospesa tra il “non più” e il “non ancora”) in cui s’incastrano le spinte più pericolose: il riarmo dei nazionalismi, o populismi di diversa estrazione, ma che piegano sempre sul fianco destro. In qualche modo la stessa utopia di un’Europa integrata, non solo nella moneta, oggi sembra chiusa dentro questa morsa. Una situazione drammatica che chiede alla politica di gestire l’emergenza (dagli spread al debito, alle strategie anti-cicliche), ma anche di costruire un pensiero, in larga parte originale, che faccia da cornice a un nuovo modello per lo sviluppo di domani.

Messa così in alto, è chiaro che sarà impossibile saltare l’asticella da soli.

Ecco perché la cultura, i saperi – in particolare quelli diversi dall’economia – non possono sottrarsi alla responsabilità di assumere una parte importante della fatica nell’immaginare una via di uscita possibile.

Questa è la prova del nostro tempo. Questo il compito delle classi dirigenti, non solo nella politica. Ed è anche lo spirito che guida un partito come il nostro nel momento in cui si candida a condurre il paese fuori da quella che ormai, senza iperboli, possiamo ben chiamare decadenza. Direi che soprattutto per questa ragione abbiamo scelto un percorso non scontato: e a chi spingeva per un leader, un programma e un sistema di alleanze da decidere subito, abbiamo risposto che era giusto, invece, partire da una Carta d’intenti e da un’idea dell’Italia e della sua funzione in Europa. Il punto per noi è che quella Carta e quel progetto devono fondarsi su un corpo d’idee che non è interamente compreso dentro un solo partito, per grande che sia e che non è destinato ad accompagnare una sola stagione, seppure cruciale, come quella che si apre da qui alla prossima campagna elettorale. Sentiamo di dover incrociare una cittadinanza attiva, movimenti, competenze, senza le quali è letteralmente impossibile una ricostruzione dal basso. Questo mi pare il senso del progetto civico che abbiamo messo a base di un nuovo centrosinistra e di un’alleanza credibile con i moderati. Questo il senso del confronto cercato con le forze intellettuali – di cui l’incontro dello scorso 26 luglio è stato una tappa importante – alle quali non abbiamo chiesto di aderire a un disegno già scritto, ma di aiutarci a pensarlo nella consapevolezza che siamo davanti a una prova molto impegnativa. La risposta è stata per noi incoraggiante e, come credo dicano i testi qui pubblicati in anteprima, ricchissima di suggestioni e stimoli a proseguire in un cammino di lunga lena che, se non la rotta, sappia ritrovare almeno la voglia del mare.

Le ultime dalla città di Barcellona pozzo di gotto